Sonja Borus (F / Germany, 1927), Holocaust survivor

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Sonja Borus (F / Germany, 1927), Holocaust survivor

  • MEMOIRS : Sonjas Tagebuch (2014)

Biography

Sonja "Sala" Borus (23 Feb 1927) was born in Berlin, Germany. She was one of the 40 Nonantola Children who in July 1942 arrived at Villa Emma from Croatia and Slovenia. She entered illegally Switzerland on 9 Dec 1943.

Book : Sonjas Tagebuch (2014)

  • Sonjas Tagebuch: Flucht und Alija in den Aufzeichnungen von Sonja Borus aus Berlin, 1941-1946 (Berlin: Metropol, 2014). Italian ed. «Diario di Sonja. Fuga e aliyah di un’adolescente berlinese 1941-1946», a cura di Klaus Voigt, traduzione di Loredana Melissari (Bologna: Il Mulino, 2018).

"Il diario al quale Sonja Borus consegnò le sue impressioni, che prese forma nel corso di una lunga fuga (attraverso Slovenia, Italia e Svizzera, fino all’approdo in Palestina), della quale fu protagonista con altri settantadue amici, diventa oggi un libro prezioso, fondamentale per quanti vogliano avvicinarsi ulteriormente alla vicenda dei ragazzi ebrei arrivati a Nonantola nell’estate del 1942 e costretti ad abbandonarla, nell’autunno dell’anno successivo, con i tedeschi ormai alle porte del paese."--Publisher description.

Corriere della Sera (Dec 14, 2018)

Esce in traduzione italiana il diario di Sonja Borus, giovane ebrea scampata alla furia nazista attraverso un lungo viaggio dalla Germania passando per la Croazia, la Slovenia, l’Italia, la Svizzera ed infine giungendo in Palestina, nell’arco di quattro anni. Cornice di queste pagine del Diario di Sonja, pubblicato dal Mulino, è la bella introduzione di Klaus Voigt che conferma il suo essenziale contributo di un trentennio nel raccontare le vicende e le voci dell’emigrazione tedesca in Italia.

Il 17 dicembre 1941 Sonja scrive sul suo diario iniziato pochi giorni prima: «Oggi è per me un giorno triste, continuo a pensare a casa mia. I miei pensieri tornano in continuazione al passato. Non so come facciano gli altri chaverim (amici in ebraico, ndr) ad essere così allegri. Evidentemente la loro nostalgia è differente dalla mia e vivono con un altro spirito questa triste situazione».

Sonja, nata nel 1927 a Berlino da genitori ebrei di origine polacca, si trovava allora a Lesn Brdo, vicino a Lubiana, insieme ad un gruppo di circa settanta ragazzi rimasti bloccati a Zagabria in attesa di documenti nel lungo viaggio dalla Germania alla Palestina. Qui vennero affidati a Joseph Indig, un giovane sionista, che rimase con loro fino all’arrivo in Palestina. Indig, preoccupato del crescente antisemitismo croato, porta i ragazzi in Slovenia, in un vecchio castello, e qui Sonja comincia a scrivere il suo diario.

A Berlino Sonja aveva lasciato la mamma ed un fratellino, troppo piccolo per partire con lei. Il fratello maggiore ed il padre erano già stati deportati.

Quando comincia a scrivere, Sonja ha dunque già un doloroso vissuto di abbandoni; tutto il suo diario è pervaso da una profonda tristezza, dallo strazio per i legami familiari spezzati e dalla solitudine dell’esilio: «Proprio in terra straniera si ha sempre bisogno di qualcuno con cui confidarsi» (febbraio 1942). Il dolore per la separazione è accresciuto dall’ansia per la mancanza di notizie, nell’attesa spasmodica della posta, unico canale di comunicazione con le proprie famiglie.

Tutti i ragazzi sapevano che la deportazione in Polonia significava morte e tutti sanno che Indig esercita una sorta di censura preventiva sulla posta che arriva per evitare che i ragazzi potessero avere notizie nefaste senza essere preparati. «Negli ultimi tempi ho una strana sensazione, che la mia cara mamma sia stata espulsa e mandata in Polonia», scrive Sonja nel novembre del 1942. La mamma ed il fratellino verranno deportati ad Auschwitz nel gennaio del 1943; un presagio dunque funesto.

Sonja non dimentica però mai di essere parte di un gruppo che ha forti motivazioni ideologiche: l’alyah (emigrazione) in Palestina è fuga ma anche scelta di vita. Nelle memorie di Indig, bellissimo controcanto a questo diario, è forte il rammarico per non riuscire a mantenere costante la fiducia in questo progetto di fronte ai dolenti vissuti dei ragazzi. Sonja registra con grande lucidità sia le difficoltà fra gli adulti che la propria fatica a mettersi in gioco, la sua demotivazione in certi momenti, ma anche le tante occasioni di discussione con i compagni, i dibattiti sulla causa sionista, le diverse posizioni, l’importanza del lavoro e della preparazione culturale per una scelta davvero consapevole. In filigrana emergono anche tutte le sfumature di ogni adolescenza: le incertezze, i cambiamenti di umore, i litigi con i compagni, la paura di non essere bella e la gioia di un vestito nuovo.

Lo spazio e il tempo nel diario di Sonia sono rarefatti e personali. Pochi sono gli echi della difficile situazione politica di quei mesi anche se ci sono i passaggi più importanti: il viaggio da Lesno all’Italia, l’8 settembre 1943, e la necessità di nascondersi, l’ospitalità offerta dalla popolazione di Nonantola, il rocambolesco passaggio in Svizzera.

Dopo tale momento si fanno molto meno frequenti le annotazioni sul diario, quasi che fosse stata un’àncora nelle fasi più difficili. Una delle ultime riflessioni è fatta sulla nave diretta in Palestina, eco del passato e progetto per il futuro: «Se dovessi vivere insieme ai vecchi compagni mi ritroverei con la solita vecchia vita. Io vorrei iniziare una nuova vita per conto mio».

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