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affrontare Pietro e accusandolo di "ipocrisia". Per Paolo non c'è distinzione tra i membri ebrei e gentili della chiesa, perché erano ugualmente peccatori e sono stati altrettanto giustificati dalla grazia di Dio per mezzo di Gesù. Per quanto riguarda la giustificazione, gli ebrei non possono vantare alcun superiorità, a meno che non negano la grazia di Dio. "Io non annullo la grazia di Dio, perché, se la giustificazione viene dalla legge, Cristo è morto per niente." (02:21).
affrontare Pietro e accusandolo di "ipocrisia". Per Paolo non c'è distinzione tra i membri ebrei e gentili della chiesa, perché erano ugualmente peccatori e sono stati altrettanto giustificati dalla grazia di Dio per mezzo di Gesù. Per quanto riguarda la giustificazione, gli ebrei non possono vantare alcun superiorità, a meno che non negano la grazia di Dio. "Io non annullo la grazia di Dio, perché, se la giustificazione viene dalla legge, Cristo è morto per niente." (02:21).
Vuol dire che Paolo "abolito" la distinzione tra ebrei e gentili tout court in questo mondo? Questo non sembra essere il caso. Molto interessante, Paolo famoso detto circa l'uguaglianza tra ebrei e gentili arriva in un contesto più ampio che ha incluso "maschio e femmina" e '' schiavo e libero ":" Non c'è più Ebreo né Greco, non c'è né schiavo né libero, non c'è più maschio e femmina; per tutti voi siete uno in Cristo Gesù. "(Gal 3,28)
Vuol dire che Paolo "abolito" la distinzione tra ebrei e gentili tout court in questo mondo? Questo non sembra essere il caso. Molto interessante, Paolo famoso detto circa l'uguaglianza tra ebrei e gentili arriva in un contesto più ampio che ha incluso "maschio e femmina" e '' schiavo e libero ":" Non c'è più Ebreo né Greco, non c'è né schiavo né libero, non c'è più maschio e femmina; per tutti voi siete uno in Cristo Gesù. "(Gal 3,28)
In vista di Paolo, queste categorie sono in qualche modo alterati in questo mondo; non vi è inimicizia più e opposizione in Cristo. Eppure nessuna di queste categorie è abolita. Paolo chiede Filemone ad accogliere la sua latitanza schiavo Onesimo come un fratello in Cristo, ma non dice Filemone a liberare tutti i suoi schiavi, con l'argomento che in Cristo Gesù non c'è più schiavo o libero. Paolo menziona Priscilla prima del marito Aquila nel ministero di Cristo (Rm 16: 3-4), ma ribadisce che "il capo della donna è l'uomo" (1 Cor 11: 3), mentre avrebbe potuto sostenuto che in Cristo Gesù non c'è più maschio e femmina. Paolo proclama la fine di ogni ostilità tra Giudei e Gentili in Cristo, ma ... Perché avrebbe dovuto sostenuto solo in questo caso che una tale distinzione non è più valido?
In vista di Paolo, queste categorie sono in qualche modo alterati in questo mondo; non vi è inimicizia più e opposizione in Cristo. Eppure nessuna di queste categorie è abolita. Tanto meno per crearne una terza>
 
Paolo chiede Filemone ad accogliere la sua latitanza schiavo Onesimo come un fratello in Cristo, ma non dice Filemone a liberare tutti i suoi schiavi, con l'argomento che in Cristo Gesù non c'è più schiavo o libero. Paolo menziona Priscilla prima del marito Aquila nel ministero di Cristo (Rm 16: 3-4), ma ribadisce che "il capo della donna è l'uomo" (1 Cor 11: 3), mentre avrebbe potuto sostenuto che in Cristo Gesù non c'è più maschio e femmina. Paolo proclama la fine di ogni ostilità tra Giudei e Gentili in Cristo, ma ... Perché avrebbe dovuto sostenuto solo in questo caso che una tale distinzione non è più valido?
Ironia della sorte, la teologia tradizionale cristiana ha sottolineato la "fine" definitiva della distinzione tra ebrei e gentili come decreto divino, ma non ha mai preso una posizione forte sulla parità "abolizione" di ogni distinzione di genere e di status sociale. Delle due una: o Paul abolito tutte e tre le categorie o che non ne ha abolito nessuna.
Ironia della sorte, la teologia tradizionale cristiana ha sottolineato la "fine" definitiva della distinzione tra ebrei e gentili come decreto divino, ma non ha mai preso una posizione forte sulla parità "abolizione" di ogni distinzione di genere e di status sociale. Delle due una: o Paul abolito tutte e tre le categorie o che non ne ha abolito nessuna.



Revision as of 14:38, 13 January 2015

@2015 Gabriele Boccaccini <work in progress>

Le tre vie della salvezza di Paolo l'Ebreo Gabriele Boccaccini, Università del Michigan

(1) Introduzione: Un nuovo paradigma nello studio di Paul

Nel contesto del giudaismo del primo secolo la figura di Paolo appare tra le più enigmatiche e una di quelle di più difficile collocazione. Un alone di mistero, se non la maledizione di un antico tabù, sembra ancora aleggiargli attorno e rendere difficile una comprensione serena della sua esperienza. Su Paolo pesa la reputazione ingombrante di primo grande teologo sistematico cristiano ma anche il sospetto – se non l’accusa – di avere contribuito in modo decisivo alla separazione tra cristianesimo ed ebraismo e di avere gettate le basi di una velenosa polemica contro la Torah e il popolo di Israele, foriera di pregiudizi e discriminazioni, fino alla tragedia dell’Olocausto.

La riscoperta dell’ebraicità di Gesù, che dalla fine del secolo scorso vede impegnati in uno sforzo comune studiosi ebrei e cristiani, ha a lungo contribuito a scavare ulteriormente il solco2. Più la figura del Maestro si rivelava compatibile con lo spirito del giudaismo del suo tempo, più il suo Discepolo più famoso appariva l’uomo della rottura, quando non addirittura l’autentico fondatore del cristianesimo come religione distinta dall’ebraismo

Per secoli, del resto, i cristiani hanno lodato, e gli ebrei hanno accusato, Paolo di aver separato il cristianesimo dal giudaismo. Ai cristiani Paolo è apparso come il convertito capace di smascherare e denunciare la "debolezza" (se non la malvagità) del giudaismo, e agli ebrei come il traditore che ha trasformato la fede dei suoi antenati in una caricatura (Zetterholm 2009). Paolo e' divenuto così al tempo stesso l'avvocato dell'universalismo cristiano e il principale sostenitore della esclusività cristiana: tutti, ebrei e gentili, uomini e donne, liberi e schiavi, sono chiamati e accolti, ma per tutti c'è unica via di salvezza, in Cristo.


Eppure in questo quadro ci sono molti conti che non tornano. Tra gli autori del primo cristianesimo Paolo è quello che con maggior forza rivendica la propria ebraicità («Anch’io sono Israelita, della discendenza di Abramo, della tribù di Beniamino» – Rom 11,1) ed è anche quello che con più prontezza ribadisce i “privilegi” di Israele di fronte allo zelo dei nuovi convertiti tra i gentili («Tu, oleastro [...] non menar vanto contro i rami!» – Rom 11,17-18).


Con Krister Stendhal, E.P. Sanders, James D.G. Dunn e la “New Perspective” si è cominciato fi n dagli anni ’70 a mettere in discussione quella opposizione radicale tra grazia e legge che faceva di Paolo il critico implacabile del “legalismo” ebraico, riconoscendo in tale opposizione non la voce autentica del primo secolo, ma il rifl esso anacronistico della polemica che nel sedicesimo secolo divise il cristianesimo con la Riforma7. Con il crollo del “Paolo luterano” è caduto anche il mito della supposta inossidabile coerenza teologica del pensiero paolino. Si e' cosi' cominciato a insistere piuttosto sulla paradossalità della teologia paolina, sulla sua non-sistematicità, sul suo essere legata a problemi e situazioni contingenti, e quindi sulla sua sostanziale incoerenza. Paolo non era un teologo o un pensatore sistematico. Paolo era un pastore, che aveva a che fare con comunità di persone in carne e ossa e con problemi estremamente concreti. In Paolo – come affermato con effi cace sinteticità da E. P. Sanders – la soluzione precede il problema. Egli vedeva i gentili avvicinarsi con fede ed entusiasmo al cristianesimo; il suo sforzo teologico fu nel cercare di giustificare a posteriori il fatto avvenuto. La rifl essione paolina non sarebbe allora la premessa teoretica all’ingresso dei gentili nella comunità cristiana, ma il tentativo, fi nanche un po’ confuso e teologicamente non del tutto coerente, di giustifi care l’evento nel quale si riconosceva l’azione misericordiosa di Dio

La nuova prospettiva ha cercato difficile sbarazzarsi degli aspetti più sprezzanti della lettura tradizionale (luterana) di Paul (sostenendo che l'ebraismo anche deve essere considerato come una religione "rispettabile" basata sulla grazia), ma non ha messo in discussione la visione di Paul come il critico del giudaismo e l'avvocato di un nuovo modello sostituivo di relazioni tra Dio e l'umanità che sostituisce l'antica alleanza: la grazia di Dio "in Cristo" supera l'alleanza ebraica sia per gli ebrei e gentili, con la creazione di una terza parte "razza".


Sulla scia di queste considerazioni gli autori della New Radical Perspective on Paul" si sono spinti ben oltre, sono giunti a ribaltare clamorosamente il quadro tradizionale, affermando l’immagine di un Paolo fedele alla Legge e cosciente promotore di una “doppia strada” alla salvezza in cui la fede in Gesù è offerta come via di salvezza ai non-ebrei, senza annullare (anzi ribadendo) la funzione salvafica della Torah per gli ebrei. Nell’affermare il primato della grazia nelle sue lettere Paolo si sarebbe sempre e solo rivolto ai pagani indicando a loro esclusivamente il Cristo come via di salvezza. La “conversione” di Paolo non sarebbe altro che una chiamata a predicare ai gentili, che lascia inalterato, anzi rafforza il patto di alleanza tra Dio e Israele. L’entusiasmo revisionista è arrivato al punto di affermare trionfalmente – come già si era fatto con Gesù – che contrariamente a quanto fi nora da tutti ritenuto «Paolo non era cristiano»9. La soluzione è teologicamente attraente e si salda armoniosamente agli sforzi del dialogo ebraico-cristiano contemporaneo. Non a caso molti dei propugnatori della Radical New Perspective sono teologi militanti, piuttosto che specialisti del giudaismo del Secondo Tempio. Ma si tratta di una ipotesi storicamente plausibile o di una anacronistica rilettura post- Olocausto del maestro di Tarso?


<< Un nuovo paradigma sta oggi emergendo con la Radical New Perspective - un paradigma che mira a riscoprire pienamente l'ebraicità di Paolo. Paradossalmente, "Paul non era un cristiano" (Eisenbaum 2009) da quando il cristianesimo al tempo di Paolo è stato altro che un movimento messianico ebreo, e quindi Paul dovrebbe essere considerato altro che un Secondo Tempio Ebreo. Che altro avrebbe dovuto essere? Paul è nato ebreo, di genitori ebrei, venne circonciso e nulla nei suoi supporti di lavoro (o addirittura suggerisce) l'idea che è diventato (o si considerava) un apostata (Boccaccini 1991). Al contrario, Paolo è stato il membro del movimento di Gesù e con forza e chiarezza inequivocabile orgogliosamente rivendicato la sua ebraicità e ha dichiarato che anche Dio non ha respinto l'alleanza di Dio con il popolo eletto: "Dio ha rigettato il suo popolo? Niente affatto! Io stesso sono Israelita, un discendente di Abramo, un membro della tribù di Beniamino (Romani 11: 1; cfr Fil 3: 5). >>

E' facile di fronte in questo modo rimanere sconcertati da una prospettiva che sembra forzare la teologia paolina su binari ed interpretare come "retorico" o irrilevante tutto cio' che E così' può' tornar comodo tornare all'alveo di partenza, all'immagine tradizionale sia pure edulcorata dall'ammissione che si' Paolo era e si sentiva ebreo ma che una volta eliminati gli aspetti più' chiaramente caricaturali e dispregiativi "l'esegesi paolina di Lutero non e' stata cosi lontana dal Paolo autentico, come la recente ricerca ha voluto dimostrare" (Pulcinelli, p.321).

Di fronte alle Basta quindi provare le incongruenze della nuova prospettiva su Paolo per ritornare al Paolo della tradizione o c'e' una strada diversa per recuperare l'ebraicita' di Paolo all'interno della complessita' del giudaismo del Secondo Tempio. E' quanto ci proponiamo di esplorare in questo saggio.


Basta quindi provare le incongruenze della nuova prospettiva su Paolo per ritornare al Paolo della tradizione o c'e' una strada diversa per recuperare l'ebraicita' di Paolo all'interno della complessita' del giudaismo del Secondo Tempio. L'opposizione tra il Paolo cristiano e il Paolo ebreo e' dunque quella tra chi vede in Paolo un'unica via di salvezza in Cristo e coloro che propugnano due vie di salvezza, oppure c'e' una prospettiva diversa piu' storicamente plausibile nel quale collocare Paolo l'ebreo. E' quanto ci proponiamo di esplorare in questo saggio.



(2) Il giudaismo al tempo di Paolo

Se oggi siam=o qui a parlare del Paolo ebreo e' perche' la nostra comprensione dell’ebraismo del primo secolo è in questi ultimi decenni profondamente cambiata. I manoscritti del Mar Morto e i cosiddetti apocrifi e pseudoepigrafi dell’Antico Testamento ci hanno restituito l’immagine di un’età creativa e dinamica e di un ambiente vitale e pluralistico, nel quale convivevano espressioni tra loro anche profondamente diverse dello stesso ebraismo, incluso il nascente movimento cristiano 10. Due elementi sono ormai acquisiti alla ricerca contemporanea e costituiscono il punto di partenza di ogni riflessione ulteriore:

(1) Il giudaismo del Secondo Tempio era diviso in correnti di pensiero in dialogo e competizione tra loro.

L'ovvia realtà' e' davanti agli occhi di tutti. Non c'e' ne' c'e' mai stato un unico momento nella storia dell'ebraismo o del cristianesimo in cui esse siano state delle religioni monolitiche. Oggi parliamo di giudaismo ortodosso, conservativo e riformato e di cristianesemi ortodosso, cattolico e protestante ma anche prima che emergessero queste moderne divisioni esistevano altre divisioni

Nel secondo Tempio - come testimonia Giuseppe - esistevano tre t=distinte tendenze dottrinali )farisei, sadducei ed esseni. Ad esse dovremmo aggiungere anche il giudaismo ellenistico (di cui Giuseppe Flavio non tratta concentrandosi sull'ambiente palestinese) e il movemento gesuano la cui distintivita' certo nessuno vorra' negare all'interno del giudaismo del Secondo Tempio in nome di un rigido monolitismo.

Certamente assieme alla visione monolitica dobbiamo evitare l'estremo opposto, come giustamente rileva Pitta di "considerare ogni variazione cristologica e comportamentale nelle prime comunita' cristiane come forma autonoma di giudaismo e di cristianesimo" (p.24P In media virtus dicevano gli antichi e cosi' e' vero anche in questo campo. Se non si puo' negare la diversita' non si puo' nemmeno arrivare arrivare all'assurdo che esista una forma diversa di giudaismo o di cristianesimo per ciascuno dei testi pervenutivi o dei leader conosciuti o di ogni piu' piccola sfumatura di pensiero. Esistono tuttavia delle grandi famiglie all'interno di ogni religione che portavano avanti visioni diverse delle stessa religione. L'ovvia realtà' e' davanti agli occhi di tutti. Non c'e' ne' c'e' mai statoun unico momento nella storia in cui l'ebraismo o il cristianesimo siano state delle religioni monolitiche. Oggi

Personalmente trovo un po' oziosa la discussione semantica sull'uso del singolare (varieta' di giudaismo e di cristianesimo) o del plurale (giudaismi o cristianesimi). Che se li chiami "giudaismi" o varietà' diverse di giudaismo" la sostanza non cambia. Al tempo d'oggi come al tempo di Gesu' non esisteva un solo modo di intendere il giudaismo ma modi diverse tra loro in dialogo o in competizione (o giudaismi). E quando il movimento di Gesu; emerse le stesse divisioni ben presto si rifletterono all'interno della nuova sette producendo diverse forme di cristianesimo (o cristianesimi)

Molti studiosi usano oggi comunemente il plurale, "giudaismi", a indicare la grande varietà di pensiero del giudaismo nel primo secolo e le varie movimenti religiosi nel quali l'ebraismo del tempo si divideva. E' questa un'idea oggi universalmente accettata nel mondo degli studi. Anche chi come Sacchi o Pitta conserva remore semantiche sull'uso del plurale applicato al termine "giudaismo", non nega la sostanza del problema, che cioè la religione ebraica del tempo fosse estremamente variegata. Che si parli quindi di "giudaismi" o di "correnti giudaiche" in discorso non cambia. In particolare, siamo oggi messi in guardia da ogni visione monolitica costruita sulle più tardive fonti rabbiniche11.


(2) Il movimento di gesu e' parte integrante del pluralismo giudaico del Second Tempio. Una volta liberatici dai pregiudizi interpretativi e teologici del passato, ci troviamo di fronte ad alcune scoperte sorprendenti. Ad esempio, molte di quelle che eravamo abituati a considerare idee “tipicamente” paoline e anti-giudaiche (quali la giustifi cazione per fede, il peccato originale e la drammatica percezione dell’insuffi cienza dell’obbedienza alle norme della Torah ai fi ni della salvezza) si sono rivelate essere idee diffuse anche in altri ambienti e gruppi giudaici del tempo, spesso con alle spalle

S. Stowers, A Rereading of Romans, Yale University Press, New Haven, CT 1994; J.G. Gager, Reinventing Paul, Oxford University Press, Oxford 2000. 9 P. Eisenbaum, Paul Was Not a Christian: The Original Message of a Misunderstood Apostle, HarperOne, New York, NY 2009. 10 P. Sacchi (ed.), Gli apocrifi dell’Antico Testamento, 5 voll., UTET, Torino (poi Paideia, Brescia) 1981-2000; C. Martone, Testi di Qumran, Paideia, Brescia 1996. 11 G. Boccaccini, Roots of Rabbinic Judaism, Eerdmans, Grand Rapids 2002 (tr. it. I giudaismi del Secondo Tempio, Morcelliana, Brescia 2008). 6.Theme Section - Boccaccini.indd 105 08/05/2012 09:27:06

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una storia secolare. Ma anche di fronte alle idee "nuove" elaborate all'interno del nascente movimento cristiano sarebbe metodologicamente scorretto considerare come non-giudaica (o non più giudaica) ogni idea che non abbia un parallelo con altri autori o testi giudaici del tempo. Con questo criterio nessuno pensatore originale ebraico sarebbe più ebreo nel momento in cui elabora nuove idee rispetto alla tradizione ricevuta. Non lo sarebbe Filone, Giuseppe Flavio o Hillel. Lo stesso vale per Gesu o Paolo. Il fatto stesso che abbiano elaborato idee originali le rende certo distintive del nuovo movimento ma non per questo meno giudaiche. Va rigettato ogni tentativo di applicare una diversa misura nell'interpretazione delle origini cristiane rispetto alle altre forme di giudaismo contemporaneo.

Chiarite queste premesse metodologiche e' possibile un tentativo di lettura di Paolo non semplicemente in rapporto al giudaismo o nel suo contesto giudaico ma come parte integrante di esso. Se il cristianesimo non si fosse mai sviluppato come religione autonoma, questo sarebbe il modo in cui oggi leggeremmo Paolo, come un autore ebraico del Secondo Tempo, come il Maestro di giustizia o Filone, dei quali nessuno mette in discussione l'ebraicita' nonostante l'originalità delle loro posizioni. Una lettura teologica odierna di Paolo non può ovviamente prescindere dagli sviluppi posteriori, ma una lettura storica non anacronistica ci spinge a immaginare un tempo in cui il "cristiano" Paolo si collocava su un piano non diverso dall'esseno Maestro di Giustizia, dal fariseo "Hillel" o dal giudeo ellenista Filone. Forse e' giunto il momento che la figura di Paolo sia

Ci sono segnali evidenti che spingono oggi in questa direzione, Per la prima volta the "Eerdmans Dictionary of Early Judaism" a dura di John J Collins e harlow contiene un articolo su Paolo (a firma di Daniel Harrington) e 4 Enoch: The online Encyclopedia of Second Temple Judaism include gli Studi Paolini alla stessa stregua degli studi su Qumran o su Filone. Una tale inclusivita' sarebbe stata impensabile anche solo alcuni anni fa e si colloca in una linea generale di riappropriazione del nascente cristianesimo al giudaismo del primo secolo, di cui si vedono segnali evidenti a livello internazionale. Il presente studio non ha la pretesa di risolvere tutti i numerosi e complessi problemi della teologia paolina ma di offrire alcuni spunti di riflessione che vadano nella direzione di un contributo ad una lettura della figura di Paolo come uno dei protagonisti maggiori del giudaismo del Secondo Tempio, senza negare l'apporto da egli dato al nascente movimento cristiano. Non si tratta di Porre il Paolo ebreo in contrasto con il Paolo cristiano, ma di ribadire che all'interno della diversità giudaica del Second Tempio i due termini non sono il=n contraddizione ed e' possibile leggere Paolo (e Gesu') come pensatori ebrei ed esponenti di un movimento riformatore ebraico che solo in seguito (e con molto gradualita) si separata' dalle altre forme di giudaismo a formare una religione separata ed autonoma.


L'obiettivo del mio lavoro è quello di abbracciare pienamente il paradigma della Radical New Perspective non come la conclusione, ma come punto di partenza di una riflessione che legga il pensiero di Paolo all'interno del giudaismo del Secondo Tempio. A mio parere, il potenziale di un tale approccio ha appena cominciato a manifestarsi. Abbiamo ancora una lunga strada da percorrere prima di comprendere appieno tutte le sue implicazioni monumentali. Al fine di individuare correttamente Paolo Ebreo nel contesto del variegato mondo del giudaismo del Secondo Tempio, abbiamo bisogno prima di tutto di stabilire una migliore comunicazione tra gli studiosi del Nuovo Testamento e specialisti del Secondo Tempio, due campi di studi che fino ad oggi sono rimasti troppo lontano e sordo a vicenda. Queste mie riflessioni non hanno certo la pretesa di offrire una spiegazione esaustiva del complesso pensiero paolino, ma di indicare piuttosto una scelta metodologica

(2) Tre Avvertenze circa l'ebraicità di Paolo

Da questo documento si concentra sulla ebraicità di Paul, è importante chiarire, come premessa, ciò che non dovremmo implica da tale, per evitare equivoci comuni.

(a) Al fine di recuperare l'ebraicità di Paolo non abbiamo a dimostrare che era un Ebreo come tutti gli altri, o che non era un pensatore originale. È importante non applicare a Paul uno standard differente rispetto a qualsiasi altro Ebreo del suo tempo. Affermare che trovare qualche idea in Paul che non ha eguali in altri autori ebrei rende Paolo "non-ebrei", porterebbe al paradosso che nessun pensatore originale del giudaismo del secondo tempio dovrebbe essere considerato "ebreo" - non certo Filone o Giuseppe o Hillel o il Maestro di Giustizia, i quali anche formulato "originali" risposte alle domande più comuni della loro età. Perché solo Paul essere considerato "non-ebrei" o "non-più-ebraica" semplicemente perché ha sviluppato una riflessione originale? La nozione stessa di fare una distinzione all'interno Paolo tra idee suo ebraico e "non-ebrei" (o "cristiani") non ha alcun senso. Paul era ebreo nelle sue idee "tradizionali" e rimase tale anche nella sua "originalità". Paolo era un pensatore ebreo e tutte le sue idee (anche il non-conformisti più) erano ebrei

(b) Al fine di recuperare l'ebraicità di Paolo che non dobbiamo sottovalutare il fatto che egli era una figura molto controversa, non solo all'interno giudaismo del Secondo Tempio, ma anche all'interno del movimento di Gesù. L'interpretazione classica che la natura controversa di Paolo (sia all'interno che all'esterno il suo movimento) invocato il suo tentativo di separare il cristianesimo dal giudaismo non tiene in considerazione la diversità del Secondo Tempio di pensiero ebraico. Non c'è mai stato un ebraismo monolitico contro un cristianesimo altrettanto monolitico. Ci sono state molte diverse varietà del giudaismo (tra cui il movimento di Gesù all'inizio, che a sua volta era anche molto diversa nelle sue componenti interni).

(c) Al fine di recuperare l'ebraicità di Paolo non dobbiamo dimostrare che non aveva nulla da dire agli ebrei e che la sua missione era finalizzato solo l'inclusione di Gentili. Come Daniel Boyarin ci ha ricordato nel suo lavoro di Paul, un Ebreo è un Ebreo, e rimane un Ebreo, anche quando lui o lei esprime radicale autocritica verso la propria tradizione religiosa o contro altre forme competitive di ebraismo (Boyarin 1994 ). Limitare l'intero discorso teologico paolino alla sola questione dell'inclusione dei Gentili sarebbe ancora una volta limitare Paolo Ebreo ai margini del giudaismo e oscurare le tante implicazioni della sua teologia nel più ampio contesto del Secondo Tempio di pensiero ebraico.

La critica e' arma tipica di tutti i movimenti riformatori o d'opposizione; lo fanno i farisei, gli esseni

(3) La "conversione" di Paolo nel contesto dei "giudaismi" del suo tempo

Non fu conversione dal giudaismo al cristianesimo

L'accento sulla diversità giudaica del primo secolo permette in primo luogo di rileggere con un'ottica diversa il problema della conversione di Paolo. E' oggi universalmente accettato dagli studiosi che Paolo mai intese la propria esperienza come un passaggio da una religione all'altra, dall'ebraismo al cristianesimo. E questo non fosse altro che per il semplice fatto che il cristianesimo non esisteva allora come religione distinta dall'ebraismo, essendo il movimento gesuano un movimento messianico all'interno del giudaismo. In questo senso Paolo non intese mai "convertirsi", nel senso di abbandono della proprie religione per abbracciarne un'altra

La conversione come passaggio da una religione all'altra era un'esperienza ben conosciuta nell'antichità, sia nel giudaismo che nel mondo greco-romano. (Giuseppe ed Aseneth, Filone) e l'Asino d'Oro di Apuleio. In entrambi i casi il tema e'quello del completo abbandono del proprio popolo, della propria famiglia e della propria identita' per intraprendere un cammino di radicale "metamorfosi" che porta all'acquisizione di un nuovo popolo, di una famiglia e di una nuova identita'.

Filone di "trattare con rispetto" i proseliti, giacche' "essi hanno abbandonato il proprio paese, i loro amici e le loro relazioni" per acquisire virtu e santita' (Spec Leg I 51-53)

Non e' tuttavia a questi testi che dobbiamo guardare per comprender e l'esperienza di Paolo. Paolo continua a reclamare la propria ebraicita anche dopo la "conversione" e in lui sono del tutto assenti questi elementi di rottura con il proprio popolo, la propria religione e la propria famiglia di origine che abbiamo visto in Giuseppe e Asenath e Filone. Anche dopo la propria conversione Paolo riafferma la propria appartenenza (religiosa ed etnica) al popolo ebraico.



In cosa consiste dunque l'esperienza sulla via di Damasco?

Con la sua “conversione” quindi Paolo mai intese di cambiar religione, semmai decise di mutare la propria appartenenza da un gruppo giudaico (quello dei farisei, al quale aveva aderito con zelo militante) a un altro gruppo giudaico (quello dei seguaci di Gesù, al quale ora aderisce con lo zelo militante del convertito sulla via di Damasco). Da tutto questo consegue che, come nel caso di Gesù, anche la domanda sull’ebraicità di Paolo debba essere posta oggi in termini nuovi. Il problema non è se e in che misura egli possa essere considerato ebreo, ma che tipo di ebreo egli fosse, giacché nel primo secolo vi erano molti modi diversi – e tutti ugualmente legittimi – di essere ebrei.

Da fariseo a seguace di Gesu'

L'epistolario paolino e gli Atti degli Apostoli ci forniscono un quadro coerente del Paolo pre-cristiano. Paolo e' un ebreo di Tarso Paolo era un Ebreo ", della tribù di Beniamino » (Rm 11,1; Fil 3,5) . Ha vissuto nella diaspora , come cittadino nativo e di Tarso , la capitale della provincia romana di Cilicia ( Atti 9:11 ; 21:39 , 22:03 ) . Negli Atti , Paolo vanta ripetutamente il suo status di cittadino romano , che gli ha concesso i privilegi e la tutela del diritto romano ( At 16 , 22 ) , e sostiene che ha ereditato la cittadinanza romana dal padre ( "Sono nato un cittadino " Atti 22:28 ) . Come al solito tra gli ebrei della Diaspora , Paolo era conosciuto con il suo nome ebraico " Saul" ( שָׁאוּל ) e il suo nome greco Paulos ( Παῦλος ; . Lat Paulus ) . Nato e cresciuto in una famiglia ebrea , fin da piccolo Paolo era probabilmente un membro della comunità ebraica locale e fu istruito nella lettura della Bibbia in greco ( ed ebraico ? ) . Era certamente fluente sia in ebraico / aramaico e greco . Sembra probabile dai suoi scritti , che ha anche ricevuto qualche tipo di educazione retorica greca , ma nessun riferimento specifico è fatto in fonti antiche .

Quanto alla sua collocazione specifica all'interno del variegato mondo del giudaismo del Secondo Tempio, anche in questo caso le fonti offrono una risposta unitaria. Paolo si definisce "un fariseo " (Fil 3,5) e così lo fa ripetutamente negli Atti , dove viene anche affermato che ha vissuto a Gerusalemme e fu allievo di Gamaliele . Filippesi ( 3,4-6 ) offre una sorta di riassunto della vita giovanile di Paul . Paolo si riferisce a se stesso come essere " circonciso l' ottavo giorno , un membro del popolo di Israele , della tribù di Beniamino , ebreo da Ebrei , come la legge, fariseo ; [6 ] per zelo , persecutore della chiesa , quanto alla giustizia sotto la legge , irreprensibile " .

Atti introduce bruscamente Paolo come un nemico della Chiesa , in netto contrasto con l'esempio del primo martire Stefano. Paolo " approvato " l'uccisione di Stefano e membri del movimento precoce Gesù molestata , serve "animato da zelo" i sommi sacerdoti Sadducean ( Anna e Caifa ? ) . Paolo in particolare, è descritto come un protagonista della persecuzione contro la chiesa di Gerusalemme che ha portato gli ellenisti di essere " sparsi in tutta la campagna della Giudea e della Samaria . " Paolo è stato poi inviato a Damasco per studiare la sorte dei cristiani lì . Fu durante il suo viaggio a Damasco , che qualcosa è accaduto a cambiare radicalmente il suo atteggiamento verso il movimento di Gesù . In diversi casi a sue lettere Paolo si riferisce apertamente le sue azioni persecutorie contro i membri del movimento di Gesù prima della sua "conversione" . Paolo era un fariseo ( cfr. primi anni di vita di Paolo ) . La sua affermazione che la sua persecuzione è venuto "fuori zelo" , sembra indicare che Paolo il fariseo fu attratto dagli insegnamenti di zeloti e si unì ai sommi sacerdoti , cioè i sadducei , nella loro campagna contro i membri più radicali del movimento di Gesù . Va notato , tuttavia , che la persecuzione di Paul non bersaglio tutti i membri del movimento di Gesù , ma solo il partito cristiano - ellenistica guidata da Stefano, che secondo gli Atti 7, è stato accusato di promuovere opinioni radicali riguardo al tempio di Gerusalemme e l'osservanza di la Torah . Il " Ebrei " del movimento di Gesù sono stati esentati ; Atti 5:34-39 sostiene che Gamaliel giocato un ruolo decisivo nel proteggere gli apostoli dall'ira dei Sadducei dopo la morte di Gesù.

La ricostruzione degli Atti e' coerente. Gli apostoli vengono arrestati, ammoniti, minacciati, dalle autorità' sadducee ma i farisei si oppongono ad una totale repressione del dissenso.

La persecuzione colpirà gli apostoli e Giacomo il maggiore, il fratello di Giovanni, verra' messo a morte, solo nel periodo del regno hi Erode Agrippa I (41-44), quando il potere sadduceo potrà' ammantare la repressione religiosa con la ragion di stato.

La descrizione dell'esecuzione di Giacomo, il fratello di Gesu' e' conforme a questo schema. Il sommo sacerdote Anania approfitta della morte del procuratore romano e del breve periodo di interregno prima dell'arrivo del nuovo procuratore per agire di fatto come governatore della provincia. Ma l'esecuzione di Giacomo e' vista come un abuso di potere da parte della componente farisaica che richiedono l'immediata rimozione del sommo sacerdote--richiesta alla quale i Romani prontamente acconsentono sostituendo il potente sommo sacerdote.

La "persecuzione" giudaica contro il nascente movimento cristiano fu dunque essenzialmente una persecuzione sadducea, che soltanto nei confronti di alcune frange cristiane più' radicali può' aver attirato la collaborazione di attivisti "zeloti" come Paolo. Nell'approvare la morte di Stefano e nel perseguitare gli ellenisti cristiani, il fariseo Paolo mostra uno "zelo" che le fonti non attribuiscono a Gamaliele, ma nel perseguitare gli ellenisti cristiani e nel risparmiare gli apostoli non agisce in totale contrasto con la posizione del suo maestro.


(3) La conversione di Paolo

Come nel caso di Gesù, il problema di Paolo non è se fosse un Ebreo o no, ma che tipo di Ebreo egli fosse, perché nel variegato mondo del giudaismo del secondo tempio c'erano molti modi diversi di essere un Ebreo (Boccaccini 1991 ). Secondo le sue stesse parole Paolo fu educato come un fariseo. L'idea che Paolo abbia abbandonato l'ebraismo quando "convertito" in movimento di Gesù è semplicemente anacronistico.

La conversione come esperienza di abbandono radicale di identità religiosa e etica di uno è stato effettivamente conosciuta nell'antichità (come attestato in Giuseppe e Aseneth, e nelle opere di Filone). Ma questa non e' stata l'esperienza di Paolo. Cristianesimo il suo tempo è stato un movimento messianico ebreo, non una religione separata. Paul, che è nato e cresciuto un Ebreo, è rimasta tale dopo la sua "conversione"; nulla è cambiato nella sua identità religiosa ed etnica. Che cosa è cambiato però era la sua visione dell'ebraismo. Nel descrivere la sua esperienza non come una "chiamata profetica", ma come una "rivelazione celeste," Paolo si indicava la radicalità della manifestazione. Paul non ha abbandonato l'ebraismo, ma "convertito" da una varietà del giudaismo a un altro. Con Alan Segal, Sono d'accordo che "Paolo era un farisaico Ebreo convertito al nuovo apocalittico, setta ebraica" (Segal 1990).

La radicalita' della conversione paolina=

In nessun modo si dovrebbe minimizzare sottovalutare l'importanza della manifestazione e il suo impatto nella vita di Paolo. E 'stata una conversione che rimane all'interno del giudaismo ma che tuttavia ebbe l'effetto di riorientare completamente tutta la vita e la visione del mondo di Paolo. Non e' la religione ebraica cio' che dopo l'incontro con il Cristo appare a Paolo "perdita" e "spazzatura" (Fil 3:7-8), ma e' pur tuttavia una certa visione del giudaismo che appare a lui tale. Se un ebreo ortodosso diventa riformato, o se Woody Allen si immagina trasformato in un rabbino ultra-ortodosso, anche noi descriviamo questa esperienza in termini di "conversione". Allo stesso modo, la conversione di Paolo deve essere intesa non come un capitolo della bivio tra cristianesimo ed ebraismo, ma come un evento nel contesto della diversità del giudaismo del secondo tempio.

Occorre tuttavia a mio giudizio rifuggire anche da posizioni che tendono a minimizzare la conversione di Paolo "riducendola" ai termini di una chiamata che avrebbe indirizzato Paolo ad un missione verso i Gentili ma non modificato nella sostanza dil suo modo di interndere il giudaismo. Paolo non e' fariseo cui e' stato rivelato l'identita' del Messia ed il cui unico scopo nella vita e' ora di annunciare la buona novella ai gentili.

Paolo era e rimase un ebreo prima e dopo la sua conversione. Non lo stesso può' dirsi della sua identita' farisaica. Lungi dall'essere la roccaforte del legalismo ed el conservatorismo, Il fariseismo e' stato uno dei principali movimneti di riforma adel Secondo L'accesa competizione tra Farisei e cristiani deriva proprio dal fatto dall'avere molti punti in comune edal condividere la stess urgenza riformatrice. Certo ci sono degli elementi farisaici nel pensiero di Paolo. Di questo Paolo sapra' ricordarsenea ll'occorrenza, come quando di fronte al Sinedrio affermera' di essere accusato di credere in qialcosa dalla prte dei farisei stategia opportunistica per dividere il campo dei suoi acusatori ed attirarsi la simpatia dei farisei ricordando i numerosi punti in comune tra il movimento gesuano e il farisaismo.


In questo contesto la conversione di Paolo non puo' essere ridotta a una chiamata. Ebbe effetti dirompenti sulla visione del mondo di Paolo Con la sua “conversione” quindi Paolo mai intese di cambiar religione, semmai decise di mutare la propria appartenenza da un gruppo giudaico (quello dei farisei, al quale aveva aderito con zelo militante) a un altro gruppo giudaico (quello dei seguaci di Gesù, che aveva perseguitato e al quale ora aderisce con lo zelo militante del convertito sulla via di Damasco).

(4) Paolo, il seguace di Gesu'

Paolo era un fariseo che ha aderito al movimento di Gesù. Prima di essere conosciuto come l'apostolo delle genti, Paolo divenne membro del movimento di Gesù e poi caratterizzato il suo apostolato all'interno del movimento di Gesù ad avere una particolare attenzione per la missione per i pagani. Prima Paolo l'apostolo dei gentili, c'era Paolo "il seguace di Gesù." Tutta l'inchiesta circa Paul non può quindi evitare la questione di ciò che il movimento di Gesù stava nel contesto del giudaismo del secondo tempio.

Siamo tutti d'accordo che, al suo inizio, il cristianesimo è stato un movimento messianico ebreo, ma che cosa significa esattamente? Sarebbe semplicistico ridurre il messaggio primi "cristiani" ad un annuncio generiche sulla venuta imminente del regno di Dio, e di Gesù come il Messia atteso. E sarebbe riduttivo immaginare Paolo come un fariseo a cui semplicemente è stato rivelato il nome del futuro Messia e che credeva di vivere alla fine dei tempi. Come risultato della sua "conversione", Paul pienamente abbracciato la visione del mondo apocalittica cristiana e l'affermazione che Gesù il Messia era già venuto (e sarebbe tornato alla fine dei tempi). Questa comprendeva la spiegazione del perché il Messia era venuto prima della fine. I primi cristiani avevano una risposta; Gesù non è venuto semplicemente a rivelare il suo nome e l'identità. Gesù è venuto come il Figlio dell'uomo, che aveva "il potere sulla terra di rimettere i peccati" (Mc 2 e paralleli).

<> Un dibattito ebraico Secondo Tempio <>

L'idea del Messia come perdona sulla terra perfettamente senso come uno sviluppo dell'antica tradizione apocalittica enochico. Il "contro-narrazione" di 1 Enoch incentrata sul crollo dell'ordine creativa da una ribellione cosmica (il giuramento e le azioni degli angeli caduti) apocalittica: "Tutta la terra è stata corrotta dall'insegnamento di Azazel dei suoi [propri] azioni ; e scrivere su di lui tutto il peccato "(1 En 10:. 8). Era questa ribellione cosmica che ha prodotto la catastrofe del diluvio, ma anche la necessità di una nuova creazione.

La visione enochico dell'origine del male ha profonde implicazioni per lo sviluppo del Secondo Tempio di pensiero ebraico. L'idea della "fine dei tempi" è oggi tanto radicata nelle tradizioni ebraica e cristiana per rendere difficile persino immaginare un tempo in cui non era, e di comprendere appieno l'impatto rivoluzionario quando prima emerse. Nelle parole della Genesi, nulla è più perfetto del mondo perfetto, che Dio stesso ha visto e ha elogiato come "molto buona" (Gen 1,31). Nessuno avrebbe cambiato qualcosa che "funziona", a meno che qualcosa è andato terribilmente storto. Nel pensiero apocalittico, l'escatologia è sempre il prodotto di protologia.

Il problema di enochico dell'ebraismo con la Legge mosaica è stato anche il prodotto di protologia. Esso non è venuto da una critica diretta della legge, ma dal riconoscimento che la ribellione angelica aveva reso difficile per le persone a seguire le leggi (compresa la Toràh mosaica) in un universo ormai sconvolto dalla presenza del male sovrumana. Il problema non era la Torah in sé, ma l'incapacità degli esseri umani di fare buone azioni, che colpisce il rapporto umano con il Mosaico Torah. Lo spostamento della messa a fuoco non è stato in primo luogo da Mosè a Enoch, ma dalla fiducia nella responsabilità umana al dramma della colpevolezza umana. Mentre al centro del Mosaico Torah è stata la responsabilità umana di seguire le leggi di Dio, al centro di enochico ebraismo era ora un paradigma di vittimizzazione di tutta l'umanità.

Questo è il motivo non sarebbe corretto parlare di enochico giudaismo come una forma di ebraismo "contro" o "senza" la Torah. Enochico ebraismo non era "in competizione saggezza", ma più propriamente una "teologia della denuncia." Non c'era halakhah enochico alternativa a questo mondo, nessun codice purezza enochico, non enochico Torah; ogni speranza di redenzione è stata rinviata alla fine dei tempi. I Enochians non erano in competizione con Mosè, non facevano altro che lamentarsi. Nel Libro di enochico I sogni, il popolo eletto di Israele è promesso un futuro di riscatto nel mondo a venire, ma in questo mondo Israele è influenzato dalla diffusione del male, senza la protezione divina, come tutte le altre nazioni sono.

La vista enochico aveva risvolti inquietanti nel autocomprensione del popolo ebraico, come il popolo dell'alleanza. Ha generato un acceso dibattito all'interno del giudaismo circa l'origine e la natura del male (Rosen-Zvi 2011; Capelli 2012; marca 2013). Molti (come i farisei ei sadducei) respinto l'idea stessa di origine sovrumana del male; alcuni esplorato altre strade per salvare la libertà umana e l'onnipotenza di Dio percorsi che hanno portato a soluzioni alternative, dal malignum cor di 4 Esdra al yetzer hara rabbinico. Anche nei circoli apocalittici, c'erano teologie in competizione. Verso la metà del II secolo aC il Libro dei Giubilei ha reagito contro questa scomparsa del rapporto di alleanza con Dio attraverso la creazione di una sintesi efficace tra Enoch e Mosè, che molti studiosi vedono come la fondazione del movimento esseno. Pur mantenendo la struttura enochico di corruzione e di degrado, Giubilei reinterpretato il patto come "medicina" fornita da Dio di risparmiare al popolo eletto dal potere del male. La fusione di Mosaic e tradizioni enochico ridefinito uno spazio, in cui il popolo di Israele potrebbe ora vivo protetto dalla malvagità del mondo sotto le mura di un halakhah alternativo, finché sono rimasti fedeli alle regole imposte. L'alleanza è stata restaurata come pre-requisito per la salvezza. A questo proposito, come dice Collins, "Giubilei, che racconta le storie della Genesi da una prospettiva decisamente Mosaico, con interessi halachiche espliciti" stavano "in netto contrasto" alla tradizione enochico (Collins 2007). Ancora più radicale la Regola comunitario esplorare la predestinazione come un modo per neutralizzare la perdita di controllo del mondo creato da Dio e ripristinare l'onnipotenza di Dio (Boccaccini 1998).

Enochico ebraismo è rimasto fedele alle proprie sedi (ebrei e gentili sono ugualmente colpiti dal male), ma non era insensibile alle critiche di aver dato troppo potere al male e, quindi, riducendo drasticamente le possibilità umane di essere salvati. La tradizione enochico successivamente cercato di risolvere il problema seguendo un percorso diverso. Nelle parabole di Enoch si legge che alla fine dei tempi nel Giudizio, come previsto, Dio e il suo Cristo Figlio dell'uomo salverà i giusti e condannare gli ingiusti. I giusti sono "d'onore" (di merito, le buone opere) e sarà vittorioso in nome di Dio, mentre "i peccatori" non hanno onore (senza le buone opere) e non verranno salvati in nome di Dio. Ma inaspettatamente nel cap. 50 un terzo gruppo emerge al momento del Giudizio. Essi sono chiamati "gli altri"; sono peccatori che si pentono e abbandonano le opere delle loro mani. "Non avranno onore alla presenza del Signore degli Spiriti, ma attraverso il suo nome saranno salvati, e il Signore degli Spiriti avrà pietà di loro, perché grande è la sua misericordia" (Boccaccini 2013). In altre parole, il testo esplora il rapporto tra giustizia e misericordia di Dio e il ruolo svolto da questi due attributi di Dio nella sentenza. Secondo il Libro delle Parabole, i giusti sono salvati in base alla giustizia di Dio e la Misericordia, i peccatori sono condannati in base alla giustizia di Dio e la misericordia, ma coloro che si pentono saranno salvati per la misericordia di Dio, anche se non devono essere salvati in base alla giustizia di Dio. Il pentimento fa prevalere la misericordia di Dio sulla giustizia di Dio. L'idea cristiana della prima venuta del Messia come perdona è una variante radicale, ma molto logica del sistema enochico. Il concetto dell'esistenza di un tempo di pentimento immediatamente prima della sentenza e la profezia che a quel punto "i peccatori" si dividono tra "i pentiti" (gli altri) e "l'impenitente" è il necessario "premessa" delle missioni di Giovanni e Gesù, come narrato nei sinottici. La venuta imminente del Giudizio, quando la terra sarà purificata con il fuoco, rende urgente e il pentimento "il perdono dei peccati" per coloro che in questo mondo hanno "onore". "Essere battezzati con acqua; altrimenti, voi sarete battezzati con il fuoco del giudizio da parte del Figlio dell'Uomo "-questo sembra essere, in sostanza, il messaggio originale di Giovanni il Battista, come inteso dalla Sinottici, un'interpretazione che non contraddice l'interesse degli autori cristiani a presentarlo come una profezia del battesimo cristiano (dello Spirito Santo). Idee simili trovano un'eco anche nella vita di Adamo ed Eva, un testo generalmente datato al I secolo EV, dove il peccatore Adam fa penitenza per 40 giorni immersi nelle acque del Giordano (e non è un caso che Giovanni battezzò in acqua viva del Giordano). Il primo uomo (e la prima peccatore) è guidato da una speranza incrollabile: "Forse Dio avrà pietà di me" (Vita 4: 3). La sua richiesta di essere ammesso nel Giardino dell'Eden non saranno accettate, ma al momento della sua morte, la sua anima non sarà consegnato al diavolo, come il suo crimine meritava, ma eseguita a cielo; così Dio ha deciso nella sua misericordia, nonostante le lamentele di Satana. Nell'interpretazione cristiana, Giovanni Battista, il precursore, non poteva che annunciare l'urgenza di pentimento e di esprimere la speranza nella misericordia di Dio. Ma con Gesù era un'altra cosa; egli era il Figlio dell'uomo che aveva il potere sulla terra di rimettere i peccati, ha lasciato ai suoi discepoli il potere del perdono attraverso il battesimo "con lo Spirito Santo," e tornerà con gli angeli per eseguire la sentenza con il fuoco. Dopo tutto, chi può avere più potere di perdonare quello che Dio ha delegato il giudice escatologica? Come perdona, Gesù non è stato inviato "i giusti", ma per "i peccatori", in modo che potessero pentirsi. Non ci sono prove nei sinottici di una missione universale di Gesù ad ogni uomo, Gesù è stato inviato "alle pecore perdute della casa d'Israele" (Mt 10, 6); i giusti non hanno bisogno del medico. Gesù era il medico inviato per guarire i peccatori (Marco 2:17; Matteo 9:13), come Luke esplicita: "Io sono venuto a non chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi" (Lc 5,32). Leggendo i Sinottici alla luce del libro delle Parabole di Enoch fa luce anche su alcune parabole che la tradizione cristiana attribuiti a Gesù. La parabola della pecora smarrita (Mt 18: 10-14; Luca 15: 1-7) definisce il rapporto tra Dio e "gli altri"; Parabola di Luca del figlio prodigo (15: 11-32) ribadisce il tema, ma aggiunge anche un insegnamento sul rapporto tra "giusti" e "gli altri", tra chi ha l'onore e sono salvati perché non hanno mai abbandonato la casa del Padre e coloro che non hanno onore, eppure vengono salvati come pure dal momento che si sono pentiti e abbandonate le opere delle loro mani. Gli esempi potrebbero essere numerosi, ma non parabola sembra più illuminante per me quello narrato da Matthew sugli operai nella vigna (Mt 20: 1-16). Il padrone di casa che paga lo stesso stipendio per diverse "misure" di lavoro, dà la piena ricompensa (la salvezza) per il "giusto" e per gli "altri", proprio come ch. 50 delle Parabole sostenuto che Dio farà nel Giudizio. Misericordia di Dio ("non mi è permesso di fare quello che ho scelto con ciò che appartiene a me? O ti invidio la mia generosità?") Migliori prestazioni Giustizia di Dio, o come la Lettera di Giacomo direbbe, "trionfi Mercy sul giudizio (Gk. katakauchatai eleos kriseos) "(Giacomo 2:13). Il contrasto con le tradizioni sviluppate nel movimento rabbinico non potrebbe essere più forte. I rabbini liberamente discutere la relazione tra i due middot, misure di Dio di giustizia e di misericordia, fornendo risposte flessibili al problema. Mishnah Sotah (1: 7-9) attacca al principio, "Con che cosa misurare un uomo metes deve essere misurato di nuovo a lui," e afferma che "con la stessa misura" Dio dà giustizia quando punire azioni malvagie e Mercy quando gratificante buona azione. D'altra parte, il testo parallelo Toseftà Sotah (3: 1-4: 19) sostiene che "la misura della Misericordia è cinquecento volte superiore alla misura della giustizia." Ma i due attributi divini sono mai opposti, come nel libro di parabole e nella tradizione cristiana; al contrario, la loro natura necessariamente complementare è sottolineata. Non a caso la versione "rabbinica" delle parabole si concluderà con parole diverse, in cui la Misericordia di Dio è lodato, ma la giustizia di Dio non è negato: "Questo ha fatto più lavoro in due ore rispetto al resto di voi ha a lavorare tutto il giorno" (Gerusalemme Talmud, Berakhot 2: 8).


(6) Paul Apocalittico

I problemi della origine del male, la libertà della volontà umana, e il perdono dei peccati sono al centro del pensiero di Paolo. Come abbiamo visto, questi non sono stati Pauline problemi, ma secondo Tempio ebraico problemi. L'originalità di Paolo non era nelle domande, ma le risposte.

Nella lettera ai Romani, Paolo scrisse alla comunità cristiana di Roma - una comunità cristiana di persone, ebrei e gentili, ex peccatori che credevano di aver ricevuto il perdono dei peccati attraverso la morte di Gesù '. Prima di tutto, Paolo ricorda ai suoi lettori che secondo il disegno di Dio la vita morale degli ebrei è regolato dalla Torah, mentre la vita morale dei Gentili è regolato dalla propria coscienza (o la legge naturale dell'universo - un'idea che Paolo preso in prestito dal giudaismo ellenistico e la loro enfasi sul ordine creativo come il principale mezzo di rivelazione della volontà di Dio).

Allora Paolo ripete l'indiscusso Secondo Tempio convinzione che il Giorno del Giudizio, Dio "renderà secondo le azioni di ciascuno" (Rm 2: 8). In nessun modo si è Paolo contesta il fatto che, se ebrei e gentili seguono rispettivamente la Torah e la propria coscienza, otterranno la salvezza. Il problema non è la Legge mosaica o la legge naturale, il problema è il peccato.

Con tutto il Secondo Tempio degli ebrei Paolo riconosce la presenza del male, e cita un passo delle Scritture (Qohelet 7: 2) a sottolineare che il male è un problema universale. Ogni Secondo Tempio Ebreo sarebbe stato d'accordo. I problemi sono le implicazioni e rimedi a questa situazione.

Paolo lati con la tradizione apocalittica di origine sovrumana del male. Con le tradizioni enochico, condivide un simile contesto di battaglia cosmica tra il Principe della Luce e il Principe delle Tenebre: "Che comunione c'è tra la luce e le tenebre? Quale accordo c'è fra Cristo e Belial "(2 Cor 6,15), così come la speranza per il futuro di riscatto dal potere del diavolo:" Il Dio della pace schiaccerà presto Satana sotto i vostri piedi "(Rm 16,20) . Quello che possiamo notare, tuttavia, è una certa visione più pessimistica del potere del male. Nel sistema paolino, il peccato di Adamo prende il posto del peccato degli angeli caduti: "Il peccato è entrato nel mondo attraverso un solo uomo [ie Adamo], e la morte è venuto attraverso il peccato, e così anche la morte per tutti perché tutti hanno peccato "(Rm 5,12). Il peccato di Adamo è controbilanciata dalla obbedienza del "nuovo Adamo", Gesù. Al fine di creare le condizioni che hanno reso necessario il sacrificio del Salvatore celeste, Paolo sfrutta la vista enochico del male radicalizzando la sua potenza. Mentre nelle persone Enoch (giudei e gentili) stanno lottando contro l'influenza delle forze del male, Paolo immagina uno scenario post-guerra in cui "tutti, Giudei e Greci, sono sotto il potere del peccato" (Rm 3: 9). Adamo ed Eva hanno perso la battaglia contro il diavolo e di conseguenza tutti i loro discendenti sono stati "schiavi del peccato" (Rm 6: 6).

La schiavitù era un'istituzione sociale stabilito durante l'Impero Romano. Quando Paolo parlava di popolo sconfitto e schiavi a causa della guerra, tutti sapevano esattamente cosa le implicazioni erano per loro ei loro figli. Una volta che la lotta era finita, gli schiavi dovevano rassegnarsi alla loro condizione. Giuseppe esprime il senso comune del suo tempo, quando si rivolge agli abitanti di Gerusalemme assediata e ricorda loro che "la lotta per la libertà è una cosa giusta, ma avrebbe dovuto essere fatto in un primo momento ... Pretendere ora di scrollarsi di dosso il giogo [dei Romani] è stato il lavoro di coloro che avevano in mente di morire miseramente, non di quali fossero gli amanti della libertà ... si tratta di una legge forte e determinato, anche tra bestie, così come tra gli uomini, di cedere alla quelli che sono troppo forti per loro "(Bel V.365-67). I Romani ammirato e onorato coloro che hanno combattuto coraggiosamente per la libertà, ma disprezzato gli schiavi ribelli e condannato loro alla croce. Nessuno poteva aspettarsi il diavolo per essere più debole rispetto ai Romani. La libertà può essere recuperato solo attraverso il pagamento di un riscatto.

Significa che tutti i "schiavi" sono il male? Non necessariamente. Ancora una volta, questa è stata una questione di esperienza comune. Essere uno schiavo non significa necessariamente essere "ingiusti". Tuttavia, gli schiavi sono in una situazione molto precaria in quanto non sono liberi e in qualsiasi momento potrebbero essere comandati dal loro padrone di fare le cose male.

Paul mai in dubbio la santità e l'efficacia del mosaico Torah o implica il suo fallimento. Al contrario, egli ribadisce la "superiorità" del Mosaico Torah e il patto ebraico che ha dato agli ebrei come "una piena consapevolezza della caduta" (Rm 3,10) e le "profezie" sulla venuta del Messia. È il peccato che deve essere incolpato, non la Torah: La legge è santa, e il comandamento è santo e giusto e buono. Ha fatto ciò che è bene, quindi, portare la morte a me? Niente affatto! E 'stato il peccato, la morte lavorando in me attraverso ciò che è buono, in modo che il peccato può essere dimostrato di essere il peccato, e per mezzo del comandamento potrebbe diventare peccato oltre misura. Sappiamo infatti che la legge è spirituale; ma io sono di carne, venduto come schiavo al peccato. Non capisco le mie azioni. Io non faccio quello che voglio, ma faccio la cosa che odio. Ora, se faccio quello che non voglio, sono d'accordo che la legge è buona. Ma in realtà non è più io a farlo, ma il peccato che abita in me ... Poiché io mi diletto nella legge di Dio nel mio intimo, ma vedo nelle mie membra un'altra legge in guerra con la legge della mia mente , che mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra. Miserabile uomo che sono! Chi mi libererà da questo corpo di morte? (Rom 7: 12-24)

E 'questa situazione di schiavitù totale, non una debolezza intrinseca del "bene" Torah, che porta Paolo a fare ciò che il Libro delle Parabole di Enoch aveva già fatto, cioè, a cercare la speranza per i peccatori, non solo in un eroico attaccamento alla legge (in base alla giustizia di Dio), ma anche in un intervento della Misericordia di Dio, un'offerta graziosa di perdono dei peccati "a parte la legge" (e la giustizia di Dio). La malvagità della natura umana sotto il potere del peccato stabilisce che "nessun essere umano sarà giustificato per le opere previste dalla legge» (Rm 3,20), ma solo di un atto gentile di "giustificazione per grazia di Dio come dono, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù, Dio lo ha prestabilito come sacrificio di espiazione del suo sangue "(Rm 3: 24-25). Dio ha dovuto reagire a una situazione estrema di disagio e di controbilanciare l'azione del diavolo con un estremo atto di misericordia: "Perché, mentre eravamo ancora deboli, al momento giusto Cristo morì per gli empi. In effetti, raramente si chiunque morire per una giusta persona, anche se forse per una persona buona qualcuno potrebbe davvero il coraggio di morire. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. Molto più sicuro poi, ora che siamo stati giustificati per il suo sangue, saremo salvati per mezzo di lui dall'ira di Dio "(Rm 5: 6-9).

L'intero dibattito sulla "giustificazione" e "salvezza" in Paul è ancora troppo influenzato dal quadro della teologia cristiana. Come un Ebreo apocalittico e un seguace di Gesù, Paolo ha affermato che il perdono dei peccati è stato il risultato importante di Gesù il Messia per gli Ebrei e Gentili, nella battaglia cosmica che Gesù ha combattuto contro le forze demoniache. Motivazione fornisce ai peccatori (Ebrei e Gentili allo stesso modo), un antidoto, o almeno un sollievo tanto necessario alla travolgente potere del male - una seconda possibilità data alle persone senza speranza. Erano "nemici" ma Cristo è morto per loro. Usando il linguaggio delle parabole di Enoch, quei peccatori ebrei e gentili che hanno ricevuto il battesimo si sono messi tra gli "altri", che non sono né "giusto" o "ingiusti", ma ora sono "peccatori pentiti". Non hanno meriti di rivendicare in base alla giustizia di Dio, ma hanno ricevuto la giustificazione mediante la misericordia di Dio. Paul è convinto che coloro che sono giustificati saranno anche "salvato" nel giudizio, ma la giustificazione non è uguale salvezza (VanLandingham 2006). Essere perdonati dei loro peccati è per i peccatori un passo importante sulla via della salvezza, ma non è una garanzia di futuro salvezza nella sentenza in cui saranno valutate solo le loro opere. Quindi, Paolo ricorda continuamente i suoi lettori della necessità di rimanere "immacolati" dopo aver ricevuto il battesimo. Avere equiparato "giustificazione mediante la fede" (che Paolo predicò) con "(eterna) salvezza per fede" (che Paolo predicò mai) è uno dei maggiori distorsioni del reinterpretazione cristiana di Paolo.


(7) Paolo Controverso cristiana vs James e Peter

La storia dunque ci restituisce l’immagine non di un Paolo polemico contro il popolo ebraico e la Torah, ma di un Paolo protagonista di un dibattito tutto interno al popolo ebraico, in una polemica che già prima di Paolo vedeva scontrarsi contrapposti gruppi giudaici. Lo scontro si ripercuote anche all’interno della tradizione cristiana dove si confrontavano sensibilità e prospettive diverse, come reso palese dalla polemica che separa la tradizione paolina da quella di Giacomo. Quando nel XIX la scuola di Tubingen scopri' il paolinismo e la sua opposizione con Giacomo, vi vede il segno della lotta decisiva scatenatasi all'interno del cristianesimo tra la "nuova" religione e l'ala conservatrice o giudaizzante la scuola Anche fare di Giacomo l'esponente di una sorta di cristianesimo farisaico e' del tutto fuorviante.

Paul era solo una voce in un dibattito che ha coinvolto e diviso i molti componenti del giudaismo del Secondo Tempio, e la sua posizione riflette la posizione generale del movimento di Gesù. Possiamo capire perché Paolo è stato visto con sospetto da altri ebrei che non condividono l'idea apocalittica dell'origine sovrumana del male e respinto l'enfasi sulla missione cristiana del perdono compiuta da Gesù il Messia. Allora perché è stato Paolo anche una figura controversa all'interno del movimento di Gesù? La risposta non può essere attribuita solo a un sospetto naturale verso una persona che è stata a lungo considerata come un "nemico" e per sua stessa ammissione perseguitato la Chiesa. C'è qualcosa nella teologia di Paolo, che lo differenzia da altri leader cristiani (come Peter e James). Mentre gli altri membri del movimento di Gesù sembrano più interessati in una prospettiva di restauro delle Dodici Tribù di Israele (vedi l'incipit della lettera di Giacomo), in Paolo vi è una particolare attenzione all'inclusione di Gentili. Non è stato un problema nuovo; molto prima Paul, comunità ebraico-ellenistica avevano già sviluppato modelli di inclusione dei Gentili nelle comunità come "timorati di Dio." Paul, invece, lo ha fatto in modo apocalittico, seguendo le linee di testi come il Libro dei Sogni enochico, dove si legge che nel mondo a venire la "pecora bianca" (Ebrei giusti) saranno riuniti al "uccelli del cielo "(i gentili giusti), a formare il nuovo popolo di Dio. Nelle parabole di Enoch anche, il Messia Figlio dell'uomo viene indicata come la "luce" delle genti. Paul non ha mai affermato di essere stato il primo a battezzare Gentili. Ciò che distingue è l'entusiasmo con cui Paolo ha dedicato la sua vita alla predicazione ai Gentili. Ma c'è qualcosa che è molto più controversa. Paolo sembrava aver spinto per uno status uguale di Gentili all'interno della nuova comunità. L'unanimità apparente raggiunto il cosiddetto Consiglio di Gerusalemme non risolve tutti i problemi legati alla presenza di genti nella Chiesa. A condizione che battezzati pagani non erano tenuti a essere circoncisi o per osservare la Legge di Mosè, la polemica è esplosa sul rapporto tra ebrei e gentili all'interno della comunità soprattutto durante i pasti comuni. Dovrebbero sedersi a tavoli separati o potrebbero non aderire allo stesso tavolo - Ebreo e Gentile, maschio e femmina, liberi e schiavi? Paul ha sfruttato la sua visione pessimistica circa la peccaminosità della natura umana, al fine di affermare la "uguaglianza nel peccato" di ebrei e gentili all'interno della Chiesa. Il punto è che per Paolo la giustificazione, cioè il perdono dei peccati, viene da solo la fede. Mentre altri cristiani sarebbero parlare di peccato come una tentazione (che consente un ruolo più importante per la libertà della volontà umana), la metafora della schiavitù lascia spazio solo a una personale "sì" (e rende privo di senso l'idea dell'esistenza di eventuali prerequisiti e qualsiasi pretesa di "superiorità" dagli ebrei nel corso dei pagani, e quindi alcuna giustificazione per una distinzione dei due gruppi nella nuova comunità). Se solo un "sì" viene chiesto ai peccatori, non c'è spazio per le "opere" e la giustificazione è "solo la fede". Se invece il peccato è una tentazione e peccatori mantenere un certo grado di libertà, allora possono e devono essere invitati a "provare" la loro fede con alcune "opere". Questo è ciò che la lettera di Giacomo fa sostenendo che "una persona è giustificato per le opere e non per la sola fede" e "la fede senza le opere è morta" (Giacomo 2: 19-26). La giustificazione è il risultato di una sinergia tra l'uomo e Dio: [Dio] dà ancor più grazia; quindi dice: "Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili." Sottomettetevi dunque a Dio. Resistete al diavolo, ed egli fuggirà da voi. Avvicinatevi a Dio, ed egli si avvicinerà a voi. Pulite le vostre mani, o peccatori, e purificate i vostri cuori, o doppi d'animo. Lamentarsi e afflitti e piangerete. Lasciate che il vostro riso si muti in lutto e la vostra allegria in tristezza. Umiliatevi davanti al Signore ed egli vi esalterà. (Giacomo 4: 6-10). Non a caso, la lettera di Giacomo non menziona neppure la morte di Gesù; la predicazione di Gesù, la "legge della libertà" ha insegnato, è il presupposto per la giustificazione. Per Paolo invece la morte e il sacrificio di Gesù è l'unica cosa che conta come un atto unilaterale e grazioso della misericordia. "Io non annullo la grazia di Dio; infatti se la giustificazione viene dalla legge, Cristo è morto per niente "(Galati 2:21). La disputa teologica aveva profonde implicazioni pratiche nella vita della Chiesa. L'incidente di Antiochia mostra che Paul e James avevano vista opposti di come gli ebrei e gentili dovrebbero coesistere nella chiesa. James si oppose alla condivisione di tavoli tra ebrei e gentili, mentre Paolo favorito esso. Peter è stato catturato nel mezzo. All'inizio Peter conforme con la prassi della Chiesa di Antiochia, ma dopo "alcune persone sono venute da James" egli "si ritrasse." Paul ha reagito con veemenza, affrontare Pietro e accusandolo di "ipocrisia". Per Paolo non c'è distinzione tra i membri ebrei e gentili della chiesa, perché erano ugualmente peccatori e sono stati altrettanto giustificati dalla grazia di Dio per mezzo di Gesù. Per quanto riguarda la giustificazione, gli ebrei non possono vantare alcun superiorità, a meno che non negano la grazia di Dio. "Io non annullo la grazia di Dio, perché, se la giustificazione viene dalla legge, Cristo è morto per niente." (02:21). Vuol dire che Paolo "abolito" la distinzione tra ebrei e gentili tout court in questo mondo? Questo non sembra essere il caso. Molto interessante, Paolo famoso detto circa l'uguaglianza tra ebrei e gentili arriva in un contesto più ampio che ha incluso "maschio e femmina" e schiavo e libero ":" Non c'è più Ebreo né Greco, non c'è né schiavo né libero, non c'è più maschio e femmina; per tutti voi siete uno in Cristo Gesù. "(Gal 3,28) In vista di Paolo, queste categorie sono in qualche modo alterati in questo mondo; non vi è inimicizia più e opposizione in Cristo. Eppure nessuna di queste categorie è abolita. Tanto meno per crearne una terza>

Paolo chiede Filemone ad accogliere la sua latitanza schiavo Onesimo come un fratello in Cristo, ma non dice Filemone a liberare tutti i suoi schiavi, con l'argomento che in Cristo Gesù non c'è più schiavo o libero. Paolo menziona Priscilla prima del marito Aquila nel ministero di Cristo (Rm 16: 3-4), ma ribadisce che "il capo della donna è l'uomo" (1 Cor 11: 3), mentre avrebbe potuto sostenuto che in Cristo Gesù non c'è più maschio e femmina. Paolo proclama la fine di ogni ostilità tra Giudei e Gentili in Cristo, ma ... Perché avrebbe dovuto sostenuto solo in questo caso che una tale distinzione non è più valido? Ironia della sorte, la teologia tradizionale cristiana ha sottolineato la "fine" definitiva della distinzione tra ebrei e gentili come decreto divino, ma non ha mai preso una posizione forte sulla parità "abolizione" di ogni distinzione di genere e di status sociale. Delle due una: o Paul abolito tutte e tre le categorie o che non ne ha abolito nessuna.

7. Sintesi e Conclusioni

< Non mi ha mai convinto l'immagine caricaturale di Paolo come del campione di ogni intolleranza, sia pure edulcorata da tante belle parole circa l'universalita' cristiana. Il predicatore che afferma che tutti sono i benvenuti nella comunita' dei salvati ma che non vi e' possibilita' di bene al di fuori di un rapporto esplicito con Gesu ne' e' salvezza se non nella fede esplicita in Gesu', e' un pericoloso intollerante. Questo e' oggi il messaggio dei fanatici di ogni religione, i quali accolgono col sorriso ogni proseliti ma pensano che solo coloro che condividono la loro fede sono destinati alla salvezza, mentre "gli altri" sono destinati all'inferno. Davvero pensiamo che Paolo fosse uno di loro?

Non mi convince nemmeno l'immagine della New Radical Perspective che mentre afferma che gli ebrei, a differenza di tutti gli altri uomini possono salvarsi in virtu' della Legge, poi consolida la stessa intolleranza nei confronti del resto dell'umanita' che ancora una volta si afferma avrebbe accesso alla salvezza solo in virtu della fede esplicita in Gesu.

Come storico rigetto queste caricature delle figure di Paolo che nel suo tempo fu portatore di un messaggio di grande apertura e tolleranza verso l'uomo peccatore. >

Paolo era un ebreo del secondo tempio, un ex fariseo divenuto membro e leader del movimento di Gesù. Come molti Secondo Tempio degli ebrei (anche al di fuori del movimento di Gesù), a causa della sua "conversione" Paul abbracciato la visione apocalittica di origine sovrumana del male e guardò i peccatori, non solo come persone responsabili delle proprie azioni, ma anche vittime di un male soprannaturale e desiderava, e si aspettava, qualche aiuto dal cielo per controbilanciare il potere del male.

Come tutti i membri del gruppo cristiano, Paul ha condiviso l'idea che Gesù il Messia era venuto sulla terra come il Figlio dell'uomo per portare il perdono ai peccatori, e tornerà presto a eseguire la sentenza. Più di altri membri del movimento di Gesù, Paolo credeva fermamente che questo messaggio di perdono incluso Gentile peccatori pure, e ha deciso di dedicare la sua vita a predicare ai pagani. Contrariamente ad altri membri dei movimenti di Gesù si è rifiutato di accettare che i pagani battezzati avevano uno status diverso o inferiore all'interno della Chiesa, come lui non riusciva a vedere alcuna differenza tra un peccatore ebreo e un peccatore Gentile, in quanto entrambi erano stati perdonati "di fede solo." Ciò non vuol dire che ha sostenuto l'abolizione della distinzione tra Giudei e Gentili in questo mondo; al contrario, come nel caso del genere e distinzioni sociali li accettato come una realtà inevitabile (e forse anche provvidenziale) fino alla fine dei tempi, quando queste distinzioni sarebbero scomparire.

Come Secondo Tempio Ebreo, Paul mai messo in dubbio la validità della Torah; la sua preoccupazione era l'incapacità delle persone di obbedire alla Torah. Paolo era un Ebreo Torah-osservanti, che credeva che "la giustificazione per fede" è stato un dono offerto per mezzo di Gesù il Messia di tutte le "peccatori" (non solo a Gentili). Significa che credeva che gli ebrei dovrebbero abbandonare l'obbedienza della Torah e che nessun Ebreo poteva essere salvato senza battesimo? Nient'affatto. Mentre ripetendo l'insegnamento ebraico comune che "tutti gli uomini sono peccatori", Paul ha condiviso l'idea apocalittica tale sentenza è stato secondo ai fatti e l'umanità era divisa tra il "giusto" e "ingiusto". Ma ora che è giunto il tempo della fine, gli ingiusti sono stati offerti la possibilità di pentirsi e ricevere la giustificazione attraverso il perdono. Paolo predicò principalmente per i pagani, ma il suo messaggio non era né indirizzato solo ai pagani, né è stato unico per loro. Esattamente lo stesso Vangelo è stato annunciato a ebrei e gentili - la buona notizia del dono del perdono. "Mi era stato affidato il compito di predicare il Vangelo ai non circoncisi, come a Pietro era stato al circoncisi" (Galati 2: 7).

< E' per incredibile come da molti cristiani Paolo sia presentato come il portatore di un messaggio di condanna verso coloro che non credono in Gesu'. Paolo e' stato al contrario il portatore di un buona notizia di salvezza e di speranza. Gesu' non e' venuto a predicare la condanna per coloro che non credono in lui, ma la salvezza non solo per i giusti ma anche per i peccatori. >

Paolo certo aveva una visione molto più pessimistica del potere del male. Ha paragonato la situazione dell'umanità ad una popolazione sconfitto e asservita dal diavolo, ma avrebbe condiviso il principio gesuano che solo i malati hanno bisogno del medico. I malati comprende Ebrei e Gentili, anche se non tutti. I giusti non hanno bisogno del medico.

Dire che gli ebrei hanno la Torah, mentre i Gentili hanno Cristo non rappresenta fedelmente la posizione di Paolo. Nella visione di Paolo, Cristo è dono di Dio, non per i pagani, ma per i peccatori. I giusti (ebrei e gentili) saranno salvati se hanno fatto buone azioni. Ma Paolo è consapevole del fatto che il potere del male rende così incredibilmente difficile per tutta l'umanità ad essere giusti, per gli ebrei a seguire la Torah e per il Gentile di seguire la propria coscienza. Egli predica la buona notizia che alla fine dei tempi i peccatori (giudei e gentili) viene offerta la possibilità straordinaria di pentirsi e di essere giustificati in Cristo per la misericordia di Dio, a parte la giustizia di Dio. Paolo non era luterano: non ha mai insegnato "la salvezza per fede soltanto" per l'umanità; ha annunciato al peccatori "giustificazione (cioè, il perdono dei peccati passati) per fede". Paolo non predicare solo due vie di salvezza, ma piuttosto a tre - gli ebrei giusti hanno la Torah, i Gentili giusti hanno la loro coscienza; ei peccatori (giudei e gentili), che sono caduti senza speranza sotto il potere del male e , esiste il perdono del Cristo.