Aldo Zargani (M / Italy, 1933), Holocaust survivor

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Aldo Zargani (M / Italy, 1933), Holocaust survivor

Roberto Zargani (M / Italy, 1934), Holocaust survivor

  • MEMOIRS : For Solo Violino (1995; ET 2002)

Biography

Aldo Zargani was born in 1933 in Turin, Italy. For many years, he worked for RAI, the Italian broadcasting network. Per Violino Solo was first published in Italy in 1995 and won several literary awards, among them the Premio Acqui Storia and the Premio Ishia. Zargani now lives and writes in Rome.

Book : For Solo Violino (1995; ET 2002)

Aldo Zargani, Per violino solo: La mia infanzia nell'Aldiqua, 1938-1945 (Bologna: Il Mulino, 1995)

"Per un ebreo italiano classe 1933 come Aldo Zargani il periodo che va dal varo delle leggi razziali fasciste nel 1938 al 1945 ha inevitabilmente un carattere duplice: sono gli anni della persecuzione e della paura ma anche gli anni favolosi dell’infanzia, anni fatali e fatati. In questo libro Zargani ripercorre le traversie sue e della sua famiglia in quei “sette anni di guai”: la perdita del lavoro del padre violinista, l’esclusione dalle scuole, l’espatrio fallito, la fuga da Torino attraverso il Piemonte, l’arresto dei genitori, il collegio, la deportazione dei parenti; ma se quell’esperienza si incide nella carne del bambino come una ferita immedicabile, la memoria che la rivisita sa tuttavia estrarne anche quella galleria di personaggi e situazioni comiche o grottesche che comunque abita l’infanzia, donde l’impasto impossibile di un “amarcord” ilare e luttuoso, di un “giornalino di Giamburrasca” che racconta una storia di spavento e dolore. Una prova di virtuosismo narrativo, certo, ma anche un modo vitale per liberarsi del peso di quell’esperienza e di trasmetterne la lemoria: magari, da nonno a nipote, come una favola un po’ divertente e un po’ paurosa."

English ed. For Solo Violin: A Jewish Childhood in Fascist Italy (2002)

"In an extraordinary literary debut, Aldo Zargani reconstructs the lost world of his Jewish childhood during the perilous years 1938–45 when he and his family fled from Fascists and Nazis in northern Italy. His haunting memoir acquires a cinematic intensity as he crosscuts from the blood-red stone spires of Basel, where his father failed to find refuge for his family in 1939, to fiery scenes of the Allied bombing of Turin in 1942, to the freezing winter of 1943–44, which Zargani and his brother spent hidden in a Catholic boarding school deep in the countryside.

For Solo Violin is filled with colorful portraits of Italian aristocrats and peasants, priests and soldiers, teachers and students, informers and partisans. At its heart is Zargani's vivid depiction of his father, a concert violinist forced to give up his career when the Fascists came to power. In this time of persecution, the Zargani family survived through their own resourcefulness and through the efforts of the many Italians who came to their aid, from the young doctor who helped them escape from Turin to the shepherd who supplied them with milk during the last year of the war, when they lived among the partisans in a remote Piedmont valley.

Looking back over a distance of fifty years, Zargani rediscovers the enchantment of childhood shining in "fable-like constellations" even amidst the inferno of war. Lullabies and school games, fairy tales and family jokes are interwoven with the events of terror and oppression. Lyrical, humorous, tender, and wise, For Solo Violin is a testament to resilience and hope during the darkest period in human history.

"A broad panorama of Italian-Jewish history in [the last] century. Elegant in its style and, however tragic, also rich with understatement, irony, and wit, For Solo Violin counts among the great, enduring works of art."—Focus Magazine, Germany

"A tragic, deeply engaging, delicious book—yes delicious, too. (Reading it makes you smile.) It's a miracle…It makes one think of the wit of Kafka!"—L'Espresso, Italy

"Zargani depicts a wealth of sad, despairing, but often also incredibly funny episodes…But vibrating along with the humor is always the sense of threat, and behind it opens the abyss of terror."—Neue Zürcher Zeitung, Switzerland

French ed. Pour violon seul (2007)

A partir du jour o, du fait des lois raciales anti-juives, le pre de l'auteur est renvoy de l'Orchestre de la Radio Diffusion italienne o il tait violoniste, l'enfance d'Aldo Zargani se droulera dans un en-de du temps fait de dmnagements la sauvette, errances tragi-comiques d'une ville l'autre, d'une logeuse l'autre, d'une colline l'autre entre bandes de partisans et prtres salsiens, sans que jamais l'espoir de retrouver la lumire ne soit perdu. " Sept ans de malheur " dans la vie d'un enfant, dont l'auteur porte la marque et qu'il relate pourtant avec une verve et une pudeur qu'on a compares celles d'un Federico Fellini aux prises avec sa propre enfance dans l'Italie fasciste. Premiers mois amoureux, premires peurs, premiers enthousiasmes et toujours l'amour de ses proches comme mot de passe pour chapper aux situations les plus tragiques. Rcompens par plusieurs prix littraires lors de sa parution en Italie aux ditions Il Mulino, Pour violon seul a t galement traduit en anglais, allemand et espagnol.

German ed. Für Violine solo: Meine Kindheit im Diesseits, 1938-1945 (2016)

"Aldo Zargani schildert in seinen Memoiren die Jahre zwischen 1938 und 1945, die er und seine jüdische Familie auf abenteuerliche Weise überleben. In einem geglückten Balanceakt bleiben dabei stets zwei Perspektiven gegenwärtig: diejenige des unmittelbar erfahrenden Kindes und diejenige des auf die Vergangenheit zurückblickenden Erwachsenen. (Dieser Text bezieht sich auf eine frühere Ausgabe.)"--Publisher description.

CDEC

Aldo Zargani nasce a Torino nel 1933. Dal 1954 al 1994 per quarant'anni lavora in RAI prima a Torino e poi a Roma. Negli anni Cinquanta e Sessanta è stato attore di teatro con il Centro del Teatro Popolare e con il Teatro delle Dieci di Torino. Il suo libro "Per violino solo", tradotto in tedesco, inglese e spagnolo, è stato finalista del premio Viareggio, premio Ischia, premio Sant'Anna di Stazzema e premio Acqui.

Review, by Sara Valentina Di Palma

Tutti i bambini che sono passati attraverso la Shoah, sopravvivendo ad essa, conoscono la medesima dilatazione di quella tragica esperienza, che Aldo Zargani descrive come una “escrescenza dell’anima” (p. 14).

Nato nel 1933, Aldo è nascosto durante la persecuzione in un convento con il fratellino Roberto, prima di raggiungere i genitori rifugiati sulle montagne già in mano ai partigiani, riuscendo a sopravvivere.

Centrali nella sua testimonianza sono sia la dolorosa umiliazione del livore antiebraico che segue le leggi razziali nel 1938, sia l’esperienza presso i religiosi cattolici – che sono a conoscenza della sua identità ebraica e la rispettano diversamente da quanto accade ad altri bambini. Aldo non parla direttamente della fine della guerra che, del resto, per il bambino non avviene con la ritirata delle truppe tedesche, se si considera che la sua famiglia si trova già sulle montagne controllate dai partigiani in un ambiente perciò non ostile – nonostante periodici rastrellamenti e pericoli. Le sue memorie non si chiudono con la fine della testimonianza, ma continuano sotto forma di lettera aperta al nipotino: epilogo è il ricordo dell’estate 1945, del ritorno alla scuola e all’infanzia. La fase della liberazione vera e propria non trova posto, né forse ha senso, alla luce della sofferenza patita in guerra e che ancora avvolgerà i sopravvissuti nel computo tragico dei propri morti.

L’autore riferisce, quasi in conclusione del racconto, un altro tipo di ricordo, una sorta di antitesi della liberazione. È l’opposto speculare di quel lieto fine implicito in ogni testimonianza: l’autore è sopravvissuto, la sua storia può essere raccontata in prima persona, come se ciò implicasse una minimizzazione delle sofferenze patite da chi è tornato proprio per essere tornato e sminuisse il dolore per la perdita di tanti parenti e amici. Ancora prima della liberazione, dunque, un episodio drammatico segna il passaggio all’irrimediabile fine delle speranze – nelle quali soprattutto il padre di Aldo cerca, contro l’evidenza, di convincere se stesso che il peggio per il popolo ebraico sia la sterilizzazione: Aldo ricorda le notizie carpite in modo discontinuo e disturbato da radio Mosca, nel febbraio del 1945, sulla liberazione di Auschwitz da parte dell’Armata Rossa. In parte incomprensibili, le parole pronunciate alla radio non lasciano dubbi sulla gravità dello sterminio ebraico, in termini di dimensioni e di modalità di attuazione. Solo il nome del lager poi divenuto simbolo della Shoah e del male assoluto non è chiaro: “[…] «perché Austerlitz? Perché il posto della battaglia di Napoleone?»” (p. 204).

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